Dimagrimento e forma fisica: coach, dietologo o psicologo?

Arriva l’estate ed è tempo di dieta!
mai come ora su tutti i social sono presenti link pubblicitari per ogni tipo di integratore, shake, capsula, pasto sostituivo, per aiutarci a dimagrire. C’è chi vuole perdere peso anche senza doverlo necessariamente fare, chi ottiene grandi successi e chi fallisce miseramente provando grande frustrazione e sofferenza.
In questo articolo di certo NON risponderemo alla solita domanda: “Questi super programmi funzionano davvero?”
Le domande che ci poniamo sono tre:

  1. Perché per alcuni di noi è così difficile perdere peso? Quale significato ha l’assunzione di cibo per noi?
  2. Davvero una dieta funziona meglio dell’altra? O funzionano tutte, basta avere la giusta formae mentis?
  3. Questi programmi che ci coinvolgono con coach, chat di gruppo, foto motivazionali, indicazioni continue, ci aiutano perché fanno leva sul condizionamento di massa?
L’alimentazione e i correlati disturbi alimentari, ormai da diversi decenni, fanno parte della nostra società:  a ridosso degli anni ‘80 Hilde Bruch (1973) e Mara Selvini-Palazzoli (1963) affermano la natura psicologica dei disturbi alimentari e li descrivono come un paralizzante senso di inadeguatezza e di insufficienza di fronte agli impegni della vita adulta, ai quali si unisce la restrizione alimentare come surrogato illusorio di quel carente senso di competenza, efficacia ed autonomia personale del paziente. Ancor più chiaro appare il legame della bulimia con gli anni ’80: questo disturbo è stato definito nel 1979 dallo psichiatra inglese Gerald Russell.
Ed ecco oggi comparire sulla scena mondiale dei disturbi alimentari il binge-eating, il disturbo caratterizzato da ricorrenti abbuffate, senza alcuna condotta di eliminazione. Questa patologia si sta rilevando più diffusa degli altri disturbi alimentari. Le situazioni che scatenano gli episodi di alimentazione incontrollata spesso sono dovuti a stress ed emozioni negative.
Per alcuni di noi mangiare significa potersi calmare dopo aver provato emozioni difficili, significa colmare un senso di insoddisfazione verso se stessi, significa riempire un senso di vuoto, significa poter sminuire il valore del giudizio dell’altro. La condizione emotiva di chi si stabilizza attraverso l’assunzione di cibo è proprio quella di tentare di “essere senza l’altro”, ossia di vivere momenti senza temere il giudizio dell’altro, dover aderire ad un modello o farsi riconoscere dall’altro.
Quando il cibo assume questo significato è possibile dimagrire solo attraverso una dieta? È difficile: c’è bisogno di un sostegno che ci aiuti a modificare i modi di vivere il cibo.
Possono aiutarci le chat, i coach, ecc? Sicuramente il gruppo può avvalersi di una forte influenza. Se 300 persone “comandate” da un coach sono tutte convinte che “cambiare stile di vita” con prodotti “miracolosi” possa funzionare, probabilmente esse otterranno anche dei minimi risultati.
Ma sono davvero i prodotti che fanno dimagrire? Se un dietologo/nutrizionista, che si è formato per molti anni, a differenza dei coach (sicuramente formati in marketing) creasse un gruppo su WhatsApp, una pagina Facebook, un profilo Instagram e sostenesse i suoi pazienti (e non clienti come nel caso delle coach) tutti i giorni e le pazienti potessero trovare nel gruppo persone che vi sostengono nel vostro percorso, non sarebbe la stessa cosa? Si, sarebbe in parte la stessa cosa , con la differenza di non dovere necessariamente acquistare prodotti dimagranti e pagando allo stesso modo un professionista che fornisca supporto continuo, dopo un’attenta valutazione delle necessità del paziente, e la predisposizione di una dieta personalizzata.
In ogni caso, tutto questo quanto durerebbe in termini di mantenimento dei risultati?? Difficile a dirsi: se si soffre di uno disturbo alimentare, anche alle prime fasi, certamente durerebbe poco. Le modalità di stare con l’altro ed esperire certe situazioni, non modificate, porterebbero nuovamente a ripetere i comportamenti alimentari precedenti.